Su Dave Chappelle e il discorso tossico
di danieleluttazzi
Il discorso tossico sta facendo proseliti anche in Italia, per cui certe notizie rendono doveroso un approfondimento che vada oltre la cronaca spicciola.
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Non c’è di che di Daniele Luttazzi (mercoledì 27 ottobre)
Essere trans è buffo. Devono ammetterlo: è una situazione fottutamente esilarante. Se accadesse a me ridereste, no? (Dave Chappelle, 2017)
Il razzismo, nell’accezione estesa che ne dava Pasolini, consiste nel considerare l’altro inferiore a te perché è diverso da te. In questo senso, anche il maschilismo è una forma di razzismo: razzismo contro le donne. La cultura di massa può rendere normali gli stereotipi discriminatori: assorbendoli e ripetendoli, anche inavvertitamente, ci si comporta da razzisti, e la società peggiora. Lo scontro sul razzismo, e sulle disuguaglianze sociali che crea e rafforza, oppone due fronti. Contro il razzismo, i progressisti ricorrono a proteste mirate, sul web e fuori: gli obiettivi sono l’ostracismo del razzista e il boicottaggio delle aziende che gli forniscono il megafono. I reazionari rispondono invocando la “libertà di espressione”, come se ci fosse libertà di razzismo; definiscono “cancel culture”, etichetta denigratoria, le giuste critiche al discorso razzista; sfottono chi pensa, giustamente, che il linguaggio discriminatorio finisca per sdoganare comportamenti aberranti come quelli contro cui è sorto il movimento di protesta #blacklivesmatter; e banalizzano la questione accusando i bersagli del razzismo di “offendersi”, come se il problema fosse che l’altro si offende, non che tu sei razzista.
Uno dei campi di battaglia per l’egemonia culturale, anche su questo tema, è la comicità. Quando un comico reazionario viene accusato di fare gag razziste, replica sempre appellandosi al politicamente scorretto e alla libertà di satira: solo che il razzismo non c’entra col politicamente corretto, ma con la legge, poiché è un reato; non c’è libertà di razzismo, e neppure la satira ce l’ha. Per entrare nel merito, la replica del comico reazionario dovrebbe spiegare perché quelle sue gag non sono razziste. Se la polemica monta, il comico reazionario invita a farsi una risata (altra colpevolizzazione del bersaglio razzista, che dovrebbe ridere di essere ghettizzato). E i media reazionari arrivano subito in soccorso, sostenendo che quelle gag facevano ridere. Ma il punto non è se una gag fa ridere o meno. La risata non è un criterio di giudizio sui contenuti, è un riflesso scatenato dal meccanismo comico della gag. (L’altro motivo per cui la risata non è un criterio di giudizio sui contenuti è che i motivi per cui non si ride sono molteplici.). Se la tua gag veicola un’idea razzista, hai fatto il razzista (consapevole o no); se ridi a una gag razzista, hai fatto il razzista (consapevole o no). A maggior ragione, più sei bravo come comico, e più amplia è la tua platea, più attenzione devi mettere in ciò che dici, poiché la risata che provochi con una gag razzista sdogana il razzismo. Perpetuare uno stereotipo razzista non contrasta lo stereotipo, e incoraggia chi lo condivide: l’ultimo show del comico Dave Chappelle, The Closer, su Netflix dal 5 ottobre, ha suscitato scalpore con le sue battute transfobiche (e non solo con quelle) anche perché Chappelle, uno degli standup comedian più abili in circolazione, in passato si era posto il problema della responsabilità sociale dell’arte comica: aveva dichiarato i propri dubbi sugli effetti del suo tipo di comicità, che esasperava gli stereotipi per ridicolizzarli; e si chiedeva se il pubblico non si divertisse solo per gli stereotipi, che così lui contribuiva a rafforzare (è quello che capita in Italia con le gag reazionarie di Checco Zalone e di Pio & Amedeo, non a caso sempre difese, a ogni polemica, da Salvini e Meloni). (1. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (giovedì 28 ottobre)
Dave Chappelle ha 48 anni ed è uno degli standup comedian più famosi negli USA. Durante la sua carriera, cominciata negli anni ’90, ha vinto Emmy e Grammy a bizzeffe. Raggiunse il successo con un varietà tv di sketch satirici (Chappelle’s Show, 2003-2005) che durò solo due stagioni perché Chappelle, a sorpresa, decise di smettere. Sparì per un po’, riprese a fare tour nel 2013, e nel 2016 firmò un contratto con Netflix per 6 special da un’ora. L’ultimo, The Closer, su Netflix da un mese, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQIA+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Chappelle ne snocciola in libertà da anni, e in questo monologo conclusivo cercava di affrontare le critiche piovutegli addosso dopo le gag transfobiche e omofobiche dei cinque special precedenti. Vediamone alcune.
CHAPPELLE: “Mia moglie ha molti amici gay, Stewart è il loro capo. Ha molti amici gay e non mi piacciono. Non perché sono gay. Li sto solo giudicando in base al loro carattere. Sono solo dei tipi non simpatici. Sono dei fottuti ospiti maleducati. Sono seduti sul mio divano, ridacchiano con mia moglie, mangiano i miei fottuti amaretti. Poi entro e si comportano come se la festa fosse finita. ‘Ehi, Stewart. Come butta?’ E il tipo mi parla come parlerebbe un gatto se un gatto potesse parlare. ‘Ciao, David.’ ‘Stewart, qual è il problema, amico?’ Vuole sempre fare discussioni politiche gay. L’ultima riguardava una petizione alla Corte federale per togliere dalla legge le parole ‘marito e moglie’. Ho detto: ‘Perché vorresti quelle parole fuori dalla legge?’ Ha detto: ‘Perché discrimina le coppie dello stesso sesso’. E io: ‘Per favore, risparmiami la semantica. Fidati di me. Prendete le vostre fiches e uscite dal casinò. State per perdere tutto! Andate fuori, parlatene tra di voi, e chiunque di voi è più gay, quella è la moglie.’ No, no. A Stewart non piaceva. Stewart mi educa su questo movimento. Non ne sapevo un cazzo. Mi ha detto che si chiama LBGTQ! E io: ‘Che cazzo è la Q?’ Ha qualche senso? Q? Viene fuori che Q è come le vocali. Qualche volta sta per Y. Indica i gay che non sanno davvero di essere gay. Come i froci in prigione che dicono: ‘Cosa? Non sono gay, negro. Sto solo succhiando questi cazzi per passare il tempo. Non sono G. Sono Q.’ Di tutte quelle lettere, la T ha davanti a sé la strada più dura. In effetti, penso che la T dovrebbe stare per ‘Transito accidentato'”.
“Ogni volta che vedo una di quelle T per la strada, non m’importa, ma dico: ‘Quanto mi manca Bruce’. Mi dispiace, gente. Ho 42 anni. Ricordo Bruce Jenner. Prima dei Kardashian, prima di tutto questo, quel figlio di puttana era un supereroe americano bianco. Era incredibile. Batteva gli africani nell’atletica leggera. Non avevamo mai visto niente del genere. Era sulla mia scatola di cereali quando ero piccolo. Sapete quanti di quei cereali ho mangiato? Non immaginavo che l’avrebbe fatto. L’ho saputo prima che lo sapeste voi. Ho sentito delle cose in giro, a Hollywood. Uscivi, vedevi gente. ‘Ehi, che succede, Kanye? Perché quel muso lungo?’ ‘Negro, vedrai. Adesso ho due suocere'”.
“E quando ho sentito che l’avrebbe fatto, ho avuto paura. Non pensavo che il pubblico fosse pronto. Non pensavo che i media fossero pronti. Bè, mi sbagliavo. Non solo il pubblico lo ha abbracciato, ma i media sono stati gentili. Non avevo mai visto niente del genere. ‘Benvenuta nel mondo, Caitlyn. Arrivederci, Bruce. Ciao, Caitlyn.’ Ero scioccato! Dave Chappelle, americano nero, era anche un po’ geloso. Ero tipo: ‘Come cazzo stanno facendo i trans a battere i neri alle Olimpiadi della discriminazione?'” (2. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (venerdì 29 ottobre)
L’ultimo show Netflix di Dave Chappelle, The Closer, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQIA+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Era già successo dopo ciascuno dei cinque special precedenti, per lo stesso motivo. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag. Poi le commenteremo, insieme con il caso, i suoi sviluppi, e il ruolo che polemiche come queste hanno nello scontro politico, anche da noi. Non c’è fretta: il Ddl Zan anti-omofobia è stato bocciato al Senato grazie a un trappolone di Calderoli (Lega) e se ne riparlerà chissà fra quanto. Qui l’esultanza delle destre, a futura memoria: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Se la polizia uccidesse la metà dei trans rispetto a quanti negri ha ucciso l’anno scorso, ci sarebbe una cazzo di guerra, a Los Angeles. Conosco dei neri a Brooklyn, dei figli di puttana, dei duri da strada, che si mettono i tacchi alti solo per sentirsi al sicuro.”
“I trans sono gangster. Facevo affari con una trans a Hollywood. Avrebbero tutti paura di lei, in una sala riunioni. Farebbe il suo ingresso, nuova di zecca, tacchi alti, borsetta. Non dice nulla, cammina semplicemente intorno al tavolo, minacciosa. Poi si mette a capotavola, ci fissa tutti, prende la borsetta, tira fuori il suo vecchio uccello e lo schiaffa sul tavolo. ‘Parliamo di affari, signori.’ ‘Aaah!’ Uno spavento del cazzo. Se il tuo migliore amico te lo proponesse, saresti inorridito. ‘Yo, negro, andiamo all’ospedale, tagliamoci i cazzi e facciamo cagare sotto quelle merde.’ ‘Cosa?! Non possiamo solo metterci dei giubbotti identici o farci dei tatuaggi o qualcosa del genere? Sei sicuro che sia quello che vuoi fare?’ ‘C’è solo un modo per scoprirlo, negro. Wu Tang! Pow! Pow! Andiamo al club e inganniamo i negri a scoparci. Sì.'”
“Sono andato a un party in una galleria d’arte. Non so chi di voi sia mai stato ricco, ma sono party molto carini. Vino e formaggio e conversazioni favolose. E c’erano alcuni tipi eccentrici, uno dei quali era un uomo molto ricco che indossava un vestito femminile. Non so come lo chiamate. Una tranny, o una drag queen, forse. Qualunque cosa fosse, era decisamente un uomo. E quest’uomo era decisamente drogato. Non so di cosa si fosse fatto, ma aveva esagerato. Non aveva un bell’aspetto. Era così: (fa dei gemiti). Sembrava malato, e tutti i suoi amici erano in piedi intorno a lui, preoccupati, cercando di rianimarlo. Sembrava una specie di rianimazione gay. Sventolare di ventagli eccetera. Avrei dovuto badare ai fatti miei, ma mi sono incuriosito. E mi sono avvicinato. Gli ho detto solo: ‘Mi scusi, signore. Sta bene?’ Mi hanno guardato come fossi il male. ‘Lei sta bene.‘ Ora, sostengo il diritto di chiunque di essere chiunque si senta dentro di sé. Sono dalla tua parte. Tuttavia, la mia domanda è: fino a che punto devo partecipare alla tua immagine di te? È giusto che io debba cambiare tutto il mio gioco di pronomi per questo figlio di puttana? Non ha senso. Sul serio. Se indosso un maglione a rombi e dico: ‘Ehi, gente, mi sento un bianco con questo maglione, e voglio un po’ di rispetto e un prestito bancario’, non funzionerà. Non te ne frega un cazzo di come mi sento. Perché dovrei fregarmene di come ti senti? Ma non c’era tempo per il dibattito filosofico. Era una situazione di emergenza. Ho detto: ‘Ok, mi dispiace. Ero solo preoccupato perché ha un aspetto terribile. Ed è appena caduta dalla panchina. Il suo cazzo le sta uscendo dal vestito. Ti dispiace se chiamo un’ambulanza, campione? Preferirei non essere a un party dove una tranny ha un’overdose. Troppe domande a cui rispondere.” (3. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (sabato 30 ottobre)
L’ultimo show Netflix di Dave Chappelle, The Closer, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQIA+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Era già successo dopo ciascuno dei cinque special precedenti, per lo stesso motivo. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag. Poi ci dedicheremo all’esegesi. La cosa ci interessa da vicino: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Non so perché, o come, siano diventati tutti così sensibili. Sapete chi mi odia di più? La comunità transgender. Questi figli di puttana sono davvero arrabbiati per l’ultimo speciale di Netflix. Non so cosa fare al riguardo perché mi piacciono. Da sempre. Mai avuto problemi con loro. Sto solo cazzeggiando. Penso di prendere in giro tutti. Come gruppo di persone, devono ammettere che… Non ho mai visto nessuno, in una situazione così esilarante, non avere il senso dell’umorismo. Sono nati con la sensazione di essere qualcosa di diverso da come sono nati, e questo è piuttosto divertente. Voglio dire, è divertente se non sta succedendo a te…Nemmeno io li capisco, ma so che prendono sul serio quello che dicono. Si tagliano via i cazzi. Non mi servono altre prove.”
“Avevo letto sul giornale che Caitlyn Jenner stava pensando di posare nuda in un prossimo numero di Sports Illustrated. E so che non è politicamente corretto dire queste cose, quindi ho pensato: ‘Fanculo, lo dirò io per tutti gli altri: bleah.’ A volte voglio solo leggere delle statistiche. Non capisco perché stipare una passera maschile in mezzo alle pagine sportive. Pensavo solo che quello non fosse il posto adatto. Ma non stavo dicendo che Caitlyn Jenner è una cattiva persona. Non sono arrabbiato con lei. Non sono nemmeno arrabbiato con Sports Illustrated. Se sono arrabbiato con qualcuno, forse sono solo arrabbiato con me stesso. Perché in fondo so di non essere abbastanza forte per non guardare quelle foto. E non credo di essere pronto a vedere cosa sta cercando di mostrare. Quindi Caitlyn, cazzo, se vai avanti con questa cosa, stronza, è meglio che ti impegni o vai a casa. Voglio che tu vada fino in fondo. Stile Hustler. Sa cosa significa stile Hustler, signorina? Significa allargare le labbra. Spero che allarghi le labbra e dentro ci sia un piccolo cazzo. Lo spettacolo è dietro le quinte.”
“Non ho problemi con le persone transgender. Il mio problema è il discorso sulle persone transgender. Sento che queste cose non dovrebbero essere discusse davanti ai neri. È offensivo, tutto questo parlare di come queste persone si sentono dentro. Da quando all’America frega un cazzo di come si sente dentro qualcuno di noi? E non riesco a togliermi di dosso il terribile sospetto che l’unico motivo per cui tutti parlano delle trans è perché degli uomini bianchi vogliono esserlo. Ecco, l’ho detto. Se fossero solo le donne a sentirsi in quel modo, oppure se i neri e i messicani dicessero: ‘Ehi, ci sentiamo ragazze dentro’, gli direbbero: ‘Stai zitto, negro. Nessuno ti ha chiesto come ti senti. Forza ragazzi, abbiamo delle fragole da raccogliere’. Puzza di privilegio bianco. Vi siete mai chiesti perché per Bruce Jenner è stato più facile cambiare sesso di quanto non sia stato per Cassius Clay cambiare il suo nome?”
“Quindi se sono sul palco e dico una battuta che ti fa venir voglia di picchiare una trans, allora probabilmente sei un pezzo di merda e non venire più a vedermi.” (4. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (martedì 2 novembre)
L’ultimo show Netflix di Dave Chappelle, The Closer, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Era già successo dopo ciascuno dei cinque special precedenti, per lo stesso motivo. Continuiamo a passare in rassegna quelle gag perché è sempre meglio sapere di cosa si parla; poi le commenteremo, evitando per quanto possibile di sederci, in paramenti pontificali, sulla sedia gestatoria della comicità. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “A volte, la cosa più divertente da dire è cattiva. È una posizione difficile in cui trovarsi. Quindi dico molte cose cattive. Ma ricordatevi: non le dico per essere cattivo. Le dico perché è divertente. Tutto è divertente finché non capita a te.”
“A essere sincero, brutalmente, l’unico motivo per cui mi sono mai arrabbiato con la comunità transgender è perché ero in un club di Los Angeles e ho ballato con una di loro per sei canzoni di fila. Non ne avevo idea. Poi si sono accese le luci e ho visto le nocche. Ho detto: ‘Oh, no!’ E tutti ridevano di me. Star mondiale. Ho detto: ‘Perché non mi hai detto niente?’ Poi ho sentito quella voce sensuale: ‘Non ho detto niente, Dave Chappelle, perché mi stavo divertendo molto. E non ero sicura di come ti saresti sentito al riguardo.’ Ho detto: ‘Lo sapevi, come mi sarei sentito.’ E lei: ‘Sto andando a casa. Non voglio problemi da te.’ Ho detto: ‘Casa? Sono rimaste solo due canzoni. Voglio dire, potremmo anche finire la notte.’ E abbiamo finito per fare colazione insieme. Oh, crescete: questo non mi rende gay. Le ho scopato solo solo le tette. Quelle tette sono vere come tutte le tette di Los Angeles. Erano le due del mattino. Stavo solo prendendo in prestito un po’ di attrito da una sconosciuta.”
“Era un ragazzo di 14 anni. E Kevin Spacey gli si avvicina a un party. Ironicamente, il ragazzo è cresciuto ed è gay. Il che significa che Kevin Spacey può sniffarne uno come un maiale da tartufi. (annusa) ‘Sì, è uno come me.’ E non per biasimare la vittima, ma mi sembra il tipo di situazione in cui va a cacciarsi un gay di 14 anni. Perché ho frequentato una scuola d’arte. Ed erano tutti gay. Alle superiori. Erano tutti gay. E i gay sono molto più maturi di tutti quanti noi…Scherzi a parte, Kevin Spacey non avrebbe dovuto fare quella stronzata a quel ragazzo. Aveva 14 anni ed è stato costretto a portare con sé il segreto di un uomo adulto. Per 30 anni. Cristo, deve aver rotto le cuciture con quello. La parte più triste è che se manteneva quel segreto per altri sei mesi adesso saprei come finisce House of Cards.”
“Non sono venuto qui per avere ragione, sono venuto qui solo per cazzeggiare.”
“Per la strada sono noto come incolpatore di vittime. Se qualcuno viene da me tipo ‘Dave, Dave, Chris Brown ha appena picchiato Rihanna’, io dico: ‘Bè, lei cos’aveva fatto?’ ‘Dave, Michael Jackson molestava i bambini.’ ‘Bè, loro cosa indossavano in quel momento?’ Non credo che Michael Jackson l’abbia fatto. Ma sapete cosa? Se anche l’avesse fatto… Capite cosa intendo? Voglio dire: è Michael Jackson. So che più della metà delle persone in questa stanza è stata molestata nella sua vita. Ma non era Michael Jackson, vero? Questo ragazzo si è fatto succhiare il cazzo dal Re del Pop. Tutto quello che otteniamo noi sono Giorni del ringraziamento imbarazzanti per il resto della nostra vita. Sai quanto deve essere stato bello andare a scuola il giorno dopo quella stronzata? ‘Ehi, Billy, com’è andato il fine settimana?’ ‘Com’è andato il mio weekend? Michael Jackson mi ha succhiato il cazzo! Ed è stata la mia prima esperienza sessuale. Se sto iniziando da qui, allora il limite è il cielo!'” (5. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (mercoledì 3 novembre)
L’ultimo show Netflix di Dave Chappelle, The Closer, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Era già successo dopo ciascuno dei cinque special precedenti, per lo stesso motivo. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag. Seguirà la parte ermeneutica. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Quello che Kevin Hart e io abbiamo dovuto imparare nel modo più duro è che stavamo infrangendo una regola non scritta e non detta del mondo dello spettacolo. La regola è che qualunque cosa tu faccia nella tua espressione artistica, non ti è mai, mai, permesso di sconvolgere le persone dell’alfabeto. Sapete chi intendo. Quelle persone che hanno preso per sé il 20% dell’alfabeto. Direi le lettere, ma non voglio farli arrabbiare. Ah, ormai è troppo tardi. Sto parlando delle L, B, G e T. Ho amici di tutti i tipi di lettere. Tutti mi amano e io amo tutti. Ho amici che sono L. Ho amici che sono B. E ho amici che sono G. Ma le T odiano le mie budella. E non le biasimo. Non è colpa loro. È mia. Non riesco a smettere di raccontare battute su di loro…Sentite sempre tutte quelle lettere insieme, ‘LBGT, LBGT’, e pensi che sia un grande movimento. Non lo è. Quelle lettere sono tutto il loro movimento. Viaggiano solo insieme nella stessa auto. E la mia ipotesi è che le G stiano guidando quell’auto. Questo per me ha senso. Perché nelle G ci sono uomini bianchi.”
“Mi dispiace per le T, ma fanno così confusione! E non è tutta colpa mia. Sento che dovrebbero assumersi delle responsabilità per le mie battute. Perché non ho avuto questa idea da solo, questa idea che una persona possa nascere nel corpo sbagliato. Ma devono ammettere che è una situazione esilarante. Se fosse successo a me ridereste, no? E se fossi cinese? Ma nato in questo corpo negro. Non sarebbe divertente? E per il resto della mia vita dovessi andare in giro a fare quella faccia: ‘Ehi, gente, sono cinese!’ E tutti si arrabbiano: ‘Smettila di fare quella faccia. È offensivo.’ ‘Cosa? E’ come mi sento dentro!’ È difficile non scrivere queste battute. È difficile non pensarci. Ci penso anche quando guardo lo sport. Ok, diciamo che LeBron James ha cambiato sesso. Va bene. Può restare in NBA, oppure, essendo una donna, deve andare in WNBA dove segnerà 840 punti a partita? Cosa significa effettivamente essere uguali? Capite cosa voglio dire? Ad esempio, se le donne fossero davvero uguali agli uomini, allora non ci sarebbe la WNBA, no? Saresti abbastanza brava da giocare nell’NBA con noi.”
“Se fate parte di un gruppo che ho preso in giro, allora sappiate che probabilmente vi prendo in giro solo se mi rivedo in voi. Prendo in giro i bianchi poveri perché una volta ero povero.”
“Il mio club preferito in America è un club di San Francisco chiamato Punch Line. È molto piccolo, una sala da 200 posti. E stavo lavorando al materiale dello spettacolo di stasera…C’è una donna trans seduta tra il pubblico…Si fa chiamare Daphne…Rideva alle battute sulle trans più di chiunque altro. (Dopo lo show) beviamo un po’ di tequila e ce ne stiamo seduti lì…E poi mi dice: “Certo che ti fai una cattiva reputazione con le tue battute sulle trans.’ Dico: ‘Spero di non averti offeso.” E lei: ‘No, no, no. In effetti, ho letto di te sul New York Times. Ti accusavano per R. Kelly. Dicevano che facendo battute su di lui lo hai normalizzato.’ Dico: ‘Sì, l’hanno detto.’ Dice: ‘Mi chiedo perché non abbiano mai detto che hai normalizzato le trans facendo battute su di noi.’ E non ci avevo mai pensato, non mi era mai venuto in mente.” (6. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (giovedì 4 novembre)
Gli show Netflix di Dave Chappelle hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag. Seguirà il commento, che dovrà intendersi, al solito, come mera ipotesi di lavoro, seppur mediata dalla signoria dei toni esplicativi. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Non ho detto nulla che possa alludere al fatto che gli uomini gay non siano uomini. So che siete uomini. In effetti, cosa potrebbe esserci di più virile che fottere un altro tizio nel culo?”
“A tutte le domande che vi siete fatti su tutte le battute che ho detto negli ultimi anni spero di rispondere stasera. E vorrei iniziare rivolgendomi alla comunità LBGTQ. Esatto. E voglio che ogni membro della comunità sappia che qui stasera vengo in pace. E spero di negoziare il rilascio di DaBaby. Triste vicenda. DaBaby era l’artista di streaming numero uno fino a circa un paio di settimane fa. Ha fatto una brutta caduta sul palco e ha detto alcune cose fuori di testa sulla comunità LBGTQ durante un concerto in Florida. Anch’io ci vado pesante, ma quando ho visto quella stronzata ho detto: ‘Diobono, DaBaby.’ Ha premuto il pulsante: ha colpito la comunità LBGTQ proprio nell’AIDS. Non si fa. Non si fa. Il ragazzo ha commesso un errore molto eclatante, lo riconosco. Ma molti della comunità LBGTQ non conoscono la storia di DaBaby. E’ uno scalmanato. Una volta ha sparato a un negro e l’ha ucciso, a Walmart in North Carolina. Non è successo nulla alla sua carriera. Capite dove sto andando a parare? Nel nostro Paese, puoi sparare e uccidere un negro, ma è meglio non ferire i sentimenti di un gay. Ed è proprio questa la disparità di cui desidero discutere.”
“Pensate che io odi le persone gay, ma quello che state davvero vedendo è che sono geloso dei gay. Sono geloso, non sono l’unico nero a sentirsi così. Noi neri guardiamo alla comunità gay e diciamo: ‘Dannazione! Guarda come sta andando bene quel movimento.’ E siamo stati intrappolati in questa situazione per centinaia di anni. Come cazzo state facendo tutti questi progressi? Non posso fare a meno di pensare che se gli schiavi avessero avuto l’olio per bambini e i pantaloncini corti, avremmo potuto essere liberi cento anni prima. Se Martin Luther King avesse detto: ‘Vi voglio tutti sui carri. Rendete i vostri corpi belli e lucenti.’ Non odio affatto i gay, li rispetto da morire. Bè, non tutti. Non sono così affezionato a questi nuovi gay. Troppo sensibili, troppo fragili. Quelli non sono i gay con cui sono cresciuto, mi mancano i gay della vecchia scuola. Quelli di Stonewall, quelli li rispetto. Non hanno tollerato stronzate da nessuno, hanno combattuto per la loro libertà. La rispetto, quella roba lì. Io non sono gay eppure vorrei essere come un negro di Stonewall. Quei gay della vecchia scuola. Gangster. Quelli del glory hole, loro mi piacciono. Questi nuovi gay non sanno nemmeno cosa sia il glory hole. È un buco nel muro, costruito dagli appaltatori gay. Volete sapere perché hanno fatto quel buco nel muro? Non c’è un modo carino per dirlo. Perché quando vogliono divertirsi, mettono i loro peni in quel buco e sperano per il meglio. Io la rispetto, una cosa così. C’è molto coraggio da entrambi i lati di quel buco. Io non sono gay, eppure voglio provare quel glory hole. E se Martin Luther King avesse dovuto integrare il glory hole? (imitando King) ‘Non mi interessa se sono le labbra nere o bianche. Una bocca è una bocca. Una calda bocca bagnata.'” (7. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (venerdì 5 novembre)
L’ultimo show Netflix di Dave Chappelle, The Closer, ha suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Era già successo dopo ciascuno dei cinque special precedenti, per lo stesso motivo. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag, prima di procedere all’esame autoptico. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Ci sono persone che non riescono a lasciar perdere. Per esempio, ultimamente, i gay. L’ho notato con la polemica su Manny Pacquiao. Ora, in difesa della comunità gay: Manny Pacquiao ha detto delle stronzate fuori dal mondo, sui gay, cose per niente carine che non ripeterò, ma c’erano versi biblici e alcune analogie con gli animali. Non era un bella cosa. La Nike gli ha tolto subito le sue scarpe. Cosa che pensavo fosse un po’ crudele. Perché è un asiatico. Perché cazzo devi togliere le scarpe a un asiatico per rabbonire un gay?”
“Ho quasi fatto a botte. Ero in un bar ad Austin con mia moglie, durante il Covid, e una stronza è venuta al nostro tavolo ed era senza mascherina: ‘Hi! How are you?’ Tutte parole con la H. Goccioline dappertutto. Abbiamo coperto i nostri drink: ‘Ehi, baby, cosa stai facendo?’ Guardo il tavolo da cui veniva e vedo degli uomini che mi stanno filmando col telefonino. Succede quando sei famoso: qualcuno prova a farti dire qualcosa di stupido in modo che i suoi amici possano filmare un video di te che ti metti in imbarazzo. E ovviamente ho pensato: ‘Questo è ciò che sta accadendo’. E questi stupidi figli di puttana hanno pensato che fosse il mio primo rodeo. Purtroppo ha funzionato. Sono andato lì, ho guardato dritto nell’obiettivo e ho detto: ‘Sei un bello stronzo a farmi questo!’. E il tizio era scioccato che l’avessi detto. Ha detto ‘Eh?’ E quando ha fatto così, ho visto che tutte le sue unghie erano colorate e ho realizzato: ‘Oh-oh Questo tizio è gay.’ Lo sapete come parlo. Do dello stronzo a tutti. Ma non è una cosa giusta da fare con un gay. E adesso ero nei guai. Non solo: il figlio di puttana era enorme. Si alza, torreggia su di me. Sarà stato 1 e 90, un grande omosessuale bianco del Texas nutrito di mais. Era pronto a fare a botte. E ha iniziato ad abbaiarmi addosso, ma sono rimasto fermo, non avevo paura. Come potevo essere spaventato? La camicia di quel figlio di puttana era annodata in questo modo. Oh, affanculo questo tipo. Forza, amico, andiamo. Pensavo che saremmo venuti alle mani. Ero pronto, e poi proprio quando pensi che avremmo litigato, indovina cosa ha fatto? Ha preso il telefono e ha chiamato la polizia. E questa cosa che sto descrivendo è un grosso problema che ho con quella comunità. I gay sono minoranze, finché non hanno bisogno di essere di nuovo bianchi. Un gay nero non me lo avrebbe mai fatto. Perché un gay nero lo sa, quando la polizia si presenta, a loro non importa chi li ha chiamati. Siamo tutti neri.”
“Un’altra volta, circa sei anni fa, c’è stata una donna lesbica che ha cercato di vendere una storia su di me a TMZ. Diceva che l’avevo picchiata in un night club perché era lesbica. E’ una follia. Stronza, non sapevo nemmeno che fossi una donna.”
“Le donne ce l’hanno con me, i gay ce l’hanno con me, le lesbiche ce l’hanno con me, ma queste trans mi vogliono morto. Ho esagerato, ho detto troppo. Sono molto preoccupato. Non scherzo. Ogni volta che salgo sul palco, ho paura. Guardo il pubblico, cercando nocche e pomi d’Adamo per vedere da dove potrebbero venire le minacce. Un tizio per la strada l’altro giorno mi si è avvicinato e ha detto: ‘Attento, Dave, loro ti stanno cercando’. Ho detto: ‘Un loro, o molti loro?'” (8. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (sabato 6 novembre)
I sei show del comico Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle loro gag transfobiche e omofobiche. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag, prima di dar fiato alle glosse. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Il Webster definisce una femminista come un essere umano, non una donna, un essere umano, che crede nella parità di diritti per le donne. Sono rimasto scioccato, perché con quella definizione sono un femminista, e non lo sapevo nemmeno. Per tutti questi anni, ho pensato che significasse ‘lesbica sciatta’.”
“Non sono indifferente alla sofferenza altrui. Ci sono leggi meschine nel nostro paese. La Carolina del Nord ha approvato una legge. In Carolina del Nord uno deve usare il bagno che corrisponde al sesso che gli è stato assegnato sul certificato di nascita. No, non è una buona legge. Nessun americano dovrebbe presentare un certificato di nascita per cagare in un Walmart a Greensboro, nella Carolina del Nord. Dovete chiedervi: queste leggi sono progettate per proteggere chi? Ad esempio, diciamo che hanno progettato questa legge per proteggere me, i miei interessi, il comico transfobico, Dave Chappelle. Diciamo che sono in un Walmart, a fare un po’ di shopping con la mia famiglia…E poi devo andare in bagno. Vado al bagno degli uomini. Sono in piedi all’orinatoio, pisciando. E questo è ciò che farà questa legge. Improvvisamente, una donna entra nel bagno degli uomini. Penso: ‘E’ strano.’ E poi lei sta spalla a spalla con me all’orinatoio. Penso: ‘Stronza, cosa stai facendo?’ E poi si alza la gonna e tira fuori un cazzo carnoso, vero, vivo! Cosa pensate che dirò? Grazie a Dio, lei è qui con me. Almeno so che la mia famiglia è al sicuro. Mmmm. No, non mi sentirò affatto così, mi sentirò molto a disagio. Mi sentirei meglio se fosse un uomo con una vagina che si appoggiasse all’orinatoio accanto a me. Non mi preoccuperei neppure, direi solo: ‘Divertente. Questo ragazzo sta facendo pipì dal culo per qualche motivo. Oh mio Dio, deve essere un reduce. (fa il saluto militare) Grazie per il tuo servizio.”
“Sono seduto al bar, sto bevendo da solo e l’unica altra persona nel bar è una donna, un paio di sgabelli più in là…Dice: ‘Mia figlia sta tornando a casa per le vacanze…Vuoi vedere la sua foto?’…E prendo la foto e questo è tutto ciò che dico: ‘Oh. E’ molto bella’. E mentre mette via la foto, di colpo sembra cattiva, come se mi avesse preso in trappola. E poi dice: ‘È una trans.’ E penso tra me e me: ‘Oh, questa stronza sa chi sono.’ Mi sono davvero risentito perché quella trappola non mi ha permesso di essere onesto. Se fossi stato onesto, non ci sarei cascato. Avrei semplicemente guardato l’immagine così: ‘Guarda quella grande mascella cesellata, quel grosso collo alla Joe Rogan. Tua figlia è un uomo?’…Qualche giorno dopo, sono in un altro bar. Non un bel posto…Sono ubriaco…E chi ti vedo? La trans della foto. Non potevo crederci. Le dico: ‘Cosa ci fa una trans in un posto come questo? E’ molto pericoloso’…Un altro paio di bicchieri, e potevano cominciare a chiederle la passera che non ha.”
“Era con due neri, grandi, muscolosi e gay. Non li conoscevo, ma so che erano gay. Con un cazzo in bocca non sarebbero sembrati più gay di quanto non lo fossero semplicemente seduti lì. Avevano una faccia da gay anni ’80. Ricordate negli anni ’80 quando i gay sembravano sempre sorpresi? (fa delle facce sorprese). (9.Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (martedì 9 novembre)
I sei show del comico Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Stiamo dunque passando in rassegna quelle gag, prima di osservarle al microscopio. La questione ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Chiunque di voi mi abbia visto sa che non ho mai avuto problemi con le trans. Se ascoltate quello che dico, chiaramente tutti i miei problemi sono sempre stati con i bianchi. Litigo coi bianchi da tutta la mia carriera. Proprio quando pensavo di avervi in pugno, cambiate le regole. (fa la voce profonda) ‘Davvero?’ (voce normale) Sì, figlio di puttana. (voce profonda) ‘Bè. Adesso sono una donna e devi trattarmi come tale. Chiamami donna, negro.’ (voce normale) E’ seccante, cazzo. (una ragazza urla qualcosa) No, no. Guardate tutti gli show che ho fatto su Netflix. Ascoltate tutto quello che ho detto sulle trans. Ho detto: ‘Quanto devo partecipare alla tua immagine di te?’ Ho detto: ‘Non dovresti parlare di queste cose davanti a un nero.’ Ho detto: ‘Ci sono negri a Brooklyn che portano i tacchi per sentirsi più sicuri.’ Ho chiesto: ‘Perché è più facile per Bruce Jenner cambiare genere, che per Cassius Clay cambiare il suo nome?’ Se ascoltaste quello che dico! Non parlo neanche di loro, sto parlando di noi. E loro non ascoltano. E’ seccante. Hanno cancellato gente molto più potente di me. Hanno cancellato J.K. Rowling…Sono d’accordo con lei: il genere è un fatto.“
“Caitlyn Jenner, che ho conosciuto. Una persona meravigliosa. Caitlyn Jenner è stata eletta donna dell’anno. Il suo primo anno da donna. Notevole, no? Batte ogni stronza di Detroit. È migliore di tutte voi. Non ha mai avuto il ciclo. Non è così? Sarei furioso, se fossi una donna. Sarei furioso se fossi me, seduto ai BET Awards, e dicessero: ‘E il vincitore per la categoria ‘Negro dell’anno’… Eminem!'”
“Non dico che le trans non sono donne. Dico solo che le passere che hanno…Capite cosa intendo? Non dico che non sia una passera, ma è Oltre la Passera o una Passera Impossibile. Sa di passera, ma non è quel che è, no? Quello non è sangue, è succo di rapa. Oh, adesso sono nei guai.”
“Una delle persone più belle che abbia mai incontrato era una trans di San Francisco…Daphne Dorman…Una trans bianca che rideva di gusto a tutto ciò che dicevo. Soprattutto le battute sulle trans, molto sconcertanti…E lei continuava a parlarmi. E poi lo spettacolo è diventato qualcosa di più bello di uno spettacolo. È diventata come una conversazione tra un uomo di colore e una donna trans bianca e abbiamo iniziato ad andare in profondità. Tutte quelle domande che pensi di aver paura di fare, le stavo facendo e lei stava rispondendo, e le sue risposte erano divertenti. Il pubblico stava cadendo dalle sedie e alla fine dello spettacolo dico: ‘Bè, Daphne, è stato divertente. Ti amo da morire, ma non ho idea di che cosa cazzo stai parlando’. Tutti ridoro, tranne Daphne. Mi guarda come se non fossi più il suo amico, ma qualcosa di più grande, il mondo intero. Poi dice: ‘Non ho bisogno che tu mi capisca. Ho solo bisogno che tu creda che sto vivendo un’esperienza umana.’. E tutto il pubblico ha un sussulto. E le do l’occhiata da Fight Club. Le dico: ‘Ti credo, stronza’. Perché non ha detto niente sui pronomi. Non ha detto nulla sul fatto che fosse nei guai. Ha detto: “Devi solo credere che sono una persona e sto cercando di farcela”. So che ti credo, perché tra simili ci si capisce.” (10. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (mercoledì 10 novembre)
I sei show del comico Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Oggi concludiamo la rassegna di quelle gag, e da domani ci dedicheremo alla recensione meticolosa. Saranno 12 puntate, perché la cosa ci riguarda: guardate le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
CHAPPELLE: “Una delle persone più belle che abbia mai incontrato era una trans di San Francisco…Daphne Dorman…Una trans bianca che rideva di gusto a tutto ciò che dicevo. Soprattutto le battute sulle trans, molto sconcertanti…Siamo andati tutti nel backstage e stavamo solo bevendo, parlando di stronzate e ridendo, e Daphne ha rubato la scena, ha fatto pisciare tutti dal ridere…Mi guardo intorno e penso: ‘Oh mio Dio, è divertente’. L’ho presa da parte, ho detto: ‘Sei divertente. Non l’avrei detto quando eri sul palco. Sbagli alcune cose, ma posso aiutarti. Quando sono a San Francisco, perché non apri il mio spettacolo? Ti darò dei consigli e vediamo se riesci a risolvere questa cosa.’. Mi fa: ‘Dici sul serio?’ E io: ‘Sì.’ E lei mi stringe forte, mi abbraccia. E io l’ho respinta violentemente, perché sono transfobico. Le ho detto: ‘Confini, stronza!’ Quando è uscito Sticks and Stones, molte persone della comunità trans erano furiose con me, e a quanto pare mi hanno smerdato su Twitter. Non me ne frega un cazzo, perché Twitter non è un posto reale. E la cosa più difficile da fare per una persona è andare contro la propria tribù se non è d’accordo con la propria tribù, ma Daphne l’ha fatto per me. Ha scritto un tweet che è stato molto bello: ‘Colpire dall’alto al basso qualcuno richiede che tu pensi che sia inferiore. Io conosco Dave, e lui non lo fa. Non colpisce dal basso all’alto, non colpisce dall’alto al basso, dice battute, ed è un maestro nel suo mestiere.’ Questo è quello che ha detto. Bellissimo tweet, bellissima amica. Ci è voluto molto coraggio per difendermi in quel modo, e quando lo ha fatto la comunità trans l’ha attaccata su Twitter. Per giorni si accaniscono su di lei, e lei ha la meglio, perché è divertente. Ma sei giorni dopo quella notte meravigliosa che vi ho descritto, la mia amica Daphne si è suicidata. Oh sì, questa è una storia vera. Non per le battute. Non so se è stato per gli attacchi che le hanno fatto, non so cosa stesse succedendo nella sua vita, ma scommetto che attaccarla non ha aiutato…Leggo il suo necrologio e scopro che aveva una figlia…Mi sono messo in contatto con la sua famiglia e ho creato un fondo fiduciario per sua figlia perché so che è tutto ciò che a Daphne importava davvero. E non so cosa abbia fatto per lei la comunità trans, ma non mi interessa, perché sento che non era della loro tribù, era della mia. Era una comica, nella sua anima. La figlia è molto giovane, ma spero di essere vivo quando compirà 21 anni perché le darò io stesso quei soldi. E per allora sarò pronto a dirle quello che non sono pronto a dirle oggi. Dirò a quella ragazzina: ‘Ragazza, conoscevo tuo padre. Ed era una donna meravigliosa.'”
“Kevin Hart ha sognato per tutta la vita di presentare gli Oscar, e quando finalmente ha ottenuto il lavoro gliel’hanno portato via! Non è giusto. Non l’hanno ucciso: Kevin è uno robusto…LBGTQ, L-M-N-O-P-Q-Y-Z, è finita. Non dirò altre battute su di voi finché non saremo entrambi sicuri che stiamo ridendo insieme…Tutto quello che chiedo alla vostra comunità, con tutta l’umiltà, per favore, smettete di colpire dall’alto al basso la mia gente. Grazie mille e buona notte.” (11. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (giovedì 11 novembre)
I sei show Netflix del comico Dave Chappelle hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle loro gag transfobiche e omofobiche. Transfobia e omofobia sono forme di razzismo. L’uditorio superficiale ride a quelle gag come fossero acqua fresca, legittimandone il contenuto, mentre i capziosi ci marciano (per esempio le destre, e i comici che lavorano con Netflix). Chappelle è uno degli stand-up comedian più famosi negli USA, e questo aumenta la pericolosità dei suoi monologhi, quando per far ridere una platea di 180 milioni di persone (il pubblico di Netflix) si serve di falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie.
Falsità fattuali. Chappelle contrappone di continuo le persone trans e queer alla comunità nera, per presentare le battaglie delle minoranze sessuali e di genere come ridicole e fasulle rispetto alle battaglie della comunità di colore (“Se gli schiavi avessero avuto olio per bambini e pantaloncini corti, avremmo potuto essere liberi cento anni prima”), nonché viziate da “privilegio bianco” (“Nel nostro paese, puoi sparare e uccidere un negro, ma è meglio non ferire i sentimenti di una persona gay”; “Non ho problemi con le persone transgender. Il mio problema è il discorso sulle persone transgender. Queste cose non dovrebbero essere discusse davanti ai neri….Puzza di privilegio bianco”). Questa antitesi è assurda: le due lotte non sono mutualmente esclusive. Inoltre, molte persone queer sono nere (come Patrisse Cullors e Alicia Garzia, due delle tre fondatrici di #BlackLivesMatter); e le donne trans di colore sono da anni in prima linea nella lotta per i diritti delle persone trans (basti pensare a Laverne Cox, la star di “Orange is the New Black”, e alla sceneggiatrice Janet Mock). Infine, nella comunità LGBTQ+ sono soprattutto le persone transgender di colore a subire violenza e a venire uccise (bit.ly/3GzI5tI).
Stereotipi denigratori. All’origine della violenza contro le donne trans c’è spesso la convinzione che siano un inganno. Chappelle reitera spesso questo stereotipo, per esempio con la gag del ballo in discoteca: “Poi si sono accese le luci e ho visto le nocche. Ho detto, ‘Oh no!’. E tutti ridevano di me.”
Banalizzazioni reazionarie. In un’intervista radiofonica, al Washington Blade, periodico della comunità LGBTQ, che gli chiedeva perché “insiste nel dire battute oltraggiose quando le donne trans nere gli hanno chiesto di non farlo, dato che quelle battute portano a violenze e omicidi contro di noi”, Chappelle rispose: “Non mi considero transfobico perché non sono neanche sicuro di cosa significhi di preciso il termine. Non mi oppongo allo stile di vita di nessuno, purché non ferisca me o le persone che amo, e non credo che quello stile di vita lo faccia”. Monica Roberts, attivista trans black, replicò: “Essere transgender non è uno ‘stile di vita’. È l’essenza di chi siamo come persone. E alcune persone transgender sono nere e subiscono l’inferno per essere entrambe le cose.” In scena, Chappelle afferma “Non mi sento mai in colpa per quello che dico qui”, come se non ci fosse alcun legame tra cultura transfobica e violenza transfobica. Non c’è bisogno di ricordare la propaganda nazi per sapere come funzionano queste cose. Negli USA la violenza contro le comunità transgender e di genere non conforme è raddoppiata negli ultimi sei anni. Le persone transgender hanno una probabilità quattro volte maggiore delle persone cisgender di essere vittime di crimini violenti, inclusi stupro e omicidio. Quest’anno sono già 41 le persone trans e non-binarie uccise negli USA, in maggioranza di colore. Questo contesto rende incendiarie le gag di Chappelle. (12. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (venerdì 12 novembre)
I sei show di Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle loro gag transfobiche e omofobiche, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. Alwin McEwen, giornalista dell’Huffington Post e di LGBTQ Nation: “Il sostegno di Dave Chappelle agli stereotipi sulle persone LGBTQ fa più danni alla comunità LGBTQ e a quella nera di qualsiasi parola o azione della destra anti-LGBTQ.” Lo stigma contro le persone trans favorisce la violenza contro di loro, di solito da parte di uomini eterosessuali: ridicolizzarle con gag beffarde giustifica lo stigma. E le statistiche mostrano che le persone transgender e omosessuali subiscono più aggressioni di quelle eterosessuali (bit.ly/2ZEfzXd).
Falsità fattuali. Chappelle concorda con J.K. Rowling: “Il genere è un fatto”. Sbaglia: l’identità di genere non c’entra con l’anatomia. La questione è più complessa, tanto che, per definire e classificare le identità sessuali, psichiatri, sessuologi e legislatori usano tre criteri: sesso, identità di genere e orientamento sessuale; e nelle categorie le opzioni non si limitano a maschio/femmina. Il genere con cui ci si riferisce a una persona deve essere scelto dalla persona stessa, non possono deciderlo Chappelle e J.K. Rowling. Anche l’autrice di Harry Potter è stata al centro di polemiche a causa delle sue opinioni transfobiche (sostiene che le donne trans minaccino l’identità di genere delle donne biologiche, e insinua che una proposta di legge che riconosca la loro identità di genere potrebbe favorire i predatori sessuali travestiti da donne trans, un argomento già smentito dai fatti: bit.ly/3Cypls0). Per Rowling, che in un post definisce donna chi ha le mestruazioni (mentre esistono uomini trans e persone non binarie che le hanno), sesso e genere coincidono, come ritengono alcune femministe (TERF: femministe radicali trans-escludenti). Chappelle, in sostegno a Rowling, proclama: “Sono del team TERF!” Anche per questo è difficile credergli quando dice: “Non sono indifferente alla sofferenza altrui.”
Chappelle dipinge J.K. Rowling e se stesso come due vittime della cancel culture della comunità LGBTQ+, e afferma che questo è il motivo per cui non farà più battute sulle persone trans. Sta insultando l’intelligenza dell’uditorio: J.K. Rowling non è stata cancellata affatto, è sempre in cima alle classifiche di vendita e si continuano a trarre film dai suoi libri; né le polemiche hanno impedito a Chappelle di stipulare contratti faraonici con Netflix (20 milioni di dollari a monologo: bit.ly/316Rg4s) e di continuare ad avere una carriera proficua. Nella settimana del lancio di The Closer, l’ultimo dei sei monologhi Netflix, mentre cresceva la polemica Chappelle ha fatto una serata all’Hollywood Bowl di Los Angeles. In risposta alla standing ovation, ha detto: “Se essere cancellati è così, lo adoro”. L’evocazione della “cancel culture” (un argomento di destra, come vedremo), è del tutto strumentale: se fai il razzista non puoi atteggiarti a vittima. Gli si chiede conto dei suoi contenuti tossici e transfobici, e lui va a fare uno show a New Orleans (sold out, 17mila spettatori, 1 milione e mezzo l’incasso) con il comico reazionario Joe Rogan, atteggiandosi di nuovo a vittima: “Nel bel mezzo della mia cancellazione, abbiamo battuto il record di presenze”. Nessuno lo sta cancellando: fa il chiagne-e-fotte. E usa il resto dello serata per attaccare la presunta “cultura del politicamente corretto”, altro argomento usato dai reazionari che vogliono esprimere il proprio razzismo impunemente. (13. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (sabato 13 novembre)
Diverse organizzazioni, tra cui GLAAD, l’organizzazione che monitora nei media i pregiudizi contro la comunità LGBTQ+, hanno criticato i sei show Netflix di Dave Chappelle in quanto transfobici e omofobici. La sua retorica tossica procede per falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie.
Falsità fattuali. Chappelle inscena di continuo una contrapposizione assurda fra la comunità LGBTQ+ (da lui equiparata a quella bianca) e la comunità nera (“Come cazzo stanno facendo i trans a battere i neri alle Olimpiadi della discriminazione?” “Se la polizia uccidesse la metà dei trans rispetto a quanti negri ha ucciso l’anno scorso, ci sarebbe una cazzo di guerra, a Los Angeles. Conosco dei neri a Brooklyn, dei figli di puttana, dei duri da strada, che si mettono i tacchi alti solo per sentirsi al sicuro.” “Pensavo che saremmo venuti alle mani. Ero pronto, e poi proprio quando pensi che avremmo litigato, indovina cosa ha fatto? Ha preso il telefono e ha chiamato la polizia. E questa cosa che sto descrivendo è un grosso problema che ho con quella comunità. I gay sono minoranze, finché non hanno bisogno di essere di nuovo bianchi. Un gay nero non me lo avrebbe mai fatto. Perché un gay nero lo sa, quando la polizia si presenta, a loro non importa chi li ha chiamati. Siamo tutti neri.” “Litigo coi bianchi da tutta la mia carriera. Proprio quando pensavo di avervi in pugno, cambiate le regole. (fa la voce profonda) ‘Davvero?’ (voce normale) Sì, figlio di puttana. (voce profonda) ‘Bè. Adesso sono una donna e devi trattarmi come tale. Chiamami donna, negro.’ (voce normale) E’ seccante, cazzo.” “Caitlyn Jenner è stata eletta donna dell’anno…Non ha mai avuto il ciclo. Sarei furioso, se fossi una donna. Sarei furioso se fossi me, seduto ai BET Awards, e dicessero: ‘E il vincitore per la categoria ‘Negro dell’anno’… Eminem!'”). Commenta l’attivista Raquel Willis, donna trans nera: “È conveniente per i comici maschi neri cis-etero parlare di persone LGBTQ+ come se il nostro gruppo fosse prevalentemente bianco. Con quel frame, non devono fare i conti con la violenza fisica e psicologica contro le persone LGBTQ+ nere messa in atto dalle persone nere cis-etero.” Il pregiudizio di Chappelle che essere LBGTQ+ sia roba da bianchi non è solo una sciocchezza: è razzismo al contrario. LGBTQ+ non è sinonimo di bianco.
Stereotipi denigratori. Sbeffeggiare minoranze che sono vittime di violenza è pericoloso per la loro incolumità. Oltre a reiterare lo stereotipo della donna trans che inganna l’uomo (“Andiamo al club e inganniamo i negri a scoparci.”), Chappelle sciorina decine di gag che deridono le persone trans come fossero ridicole e in maschera: “Era un uomo molto ricco che indossava un vestito femminile. Non so come lo chiamate. Una tranny, o una drag queen, forse.” “Se indosso un maglione a rombi e dico: ‘Ehi, gente, mi sento un bianco con questo maglione, e voglio un po’ di rispetto e un prestito bancario’, non funzionerà.” “Oh, crescete: questo non mi rende gay. Le ho scopato solo solo le tette. Quelle tette sono vere come tutte le tette di Los Angeles.” “Questa idea che una persona possa nascere nel corpo sbagliato…devono ammettere che è una situazione esilarante. Se fosse successo a me ridereste, no?” “Guarda quella grande mascella cesellata, quel grosso collo alla Joe Rogan. Tua figlia è un uomo?” “Le dico: ‘Cosa ci fa una trans in un posto come questo? E’ molto pericoloso’…Un altro paio di bicchieri, e potevano cominciare a chiederle la passera che non ha.” “Non dico che non sia una passera, ma è Oltre la Passera o una Passera Impossibile. Sa di passera, ma non è quel che è, no? Quello non è sangue, è succo di rapa.” (14. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (martedì 16 novembre)
I sei show di Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili per le sue gag transfobiche e omofobiche, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. La cosa ci interessa perché, in nome di una malintesa “libertà di espressione”, il discorso irresponsabile sta facendo proseliti anche da noi, complici le destre che se ne servono per la loro propaganda tossica.
Stereotipi denigratori. Chappelle inanella decine di gag che deridono le persone trans come fossero disgustose. Per esempio commenta l’idea di Caitlyn Jenner di posare per Sports Illustrated dicendo “Bleah!” (“Yuck!”); poi, avendo mangiato da piccolo cereali sulla cui scatola c’era la foto di Bruce Jenner, usa come punchline il proprio ribrezzo. Dello stesso tipo la gag sulla “tranny” (un insulto), descritta come “un uomo in abiti femminili”, per poi ribadire che detesta dover usare pronomi femminili per indicarla. Chappelle si difende dalle accuse sostenendo che il suo bersaglio sono i bianchi (ma l’equiparazione LGBTQ+ = bianco è falsa, come abbiamo visto), e usa le persone trans come personaggi ridicoli: ma quelle gag non può farle lui, come un bianco non può fare battute denigratorie sui neri e un non ebreo non può fare battute denigratorie sugli ebrei. Perché no? Perché diventa razzismo. In un’altra gag scherza sul ragazzino abusato da Kevin Spacey, implicando che non fosse così innocente: ma un abuso non è mai giustificato (è l’ennesima variante della minigonna che causa lo stupro). Ferire la dignità di una minoranza, spesso vittima di violenze, le nega la legittimità dei suoi diritti: una cosa pericolosa per l’incolumità di quella minoranza. Inoltre, lo stigma sociale perpetuato nei media ha effetti negativi sulla salute mentale di quella minoranza (bit.ly/2ZHlbjj). Merrick Moise, attivista LGBTQ+: “Dave dovrebbe parlare con le persone trans nere per capire la gravità delle sue battute”.
Banalizzazioni reazionarie. Chappelle la butta in caciara (“Sto solo cazzeggiando”); denuncia la “cancel culture” e il “politicamente corretto” come fanno gli opinionisti di destra; e accusa i suoi bersagli di essere troppo “sensibili” e privi di sense of humor, come se il problema non fossero le sue gag razziste. Nel finale toccante ci informa che la comica trans bianca Daphne Dorman, che lo aveva difeso, si è uccisa dopo le polemiche; e annuncia di aver aperto una fondazione in favore di sua figlia (cfr. Ncdc 10 novembre). Iniziativa meritoria, ma raccontata così è una strumentalizzazione a fini retorici: è una fallacia emotiva (l’argomento ad misericordiam = difendersi suscitando la pietà) e pure una fallacia induttiva di generalizzazione indebita, la stessa dei razzisti bianchi che dicevano: “Non posso essere razzista: uno dei miei migliori amici è nero”. Nessuna fallacia ti autorizza a fare battute transfobiche. E che una persona trans sappia ridere di sé non autorizza chi non è trans a fare battute denigratorie sulle persone trans. Chappelle afferma infine che non farà più quelle battute: “Tutto ciò che chiedo alla vostra comunità, con tutta umiltà: per favore smettete di colpire dall’alto al basso la mia gente.” Intende i comici, le scrittrici e i rapper di successo che fanno battute transfobiche e omofobiche, di cui ha preso le difese negli show? Questo è rigirare la frittata: non puoi trattare la protesta legittima contro il bullismo reazionario come fosse una violenza. Spiega Jelani Cobb sul New Yorker: “La parte più reazionaria e pericolosa della politica culturale Usa contemporanea è interpretata da persone potenti che lamentano di essere vittime di gruppi che sono molto più vulnerabili di loro.” (15. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (mercoledì 17 novembre)
La comunità LGBTQ+ e le associazioni per i diritti civili hanno protestato contro Dave Chappelle a causa delle gag transfobiche e omofobiche contenute nei suoi show Netflix, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. In nome di una malintesa “libertà di espressione”, il discorso irresponsabile sta facendo proseliti anche da noi, complici le destre che se ne servono per la loro propaganda tossica.
Falsità fattuali. Chappelle fa la vittima (“Sapete chi mi odia di più? La comunità transgender”), ma se fai battute razziste non puoi stupirti se il bersaglio non ci sta. Dopo aver insinuato che le utenti trans di Twitter hanno spinto al suicidio una sua amica trans, la comica Daphne Dorman, che lo aveva difeso, Chappelle ricorda una sua affermazione: “Con le gag sulle trans, Dave, tu normalizzi le trans”. Non è così, come dimostrano le proteste LGBTQ+; e il fatto che lo pensasse una donna trans non significa che quel sillogismo sia corretto. Il sillogismo corretto è questo: se fai il razzista sdogani i razzisti, cioè normalizzi che ci siano vittime del razzismo. Chappelle farebbe meglio a chiedersi perché il suo linguaggio è quello delle persone transfobiche e omofobiche. Samantha Allen (The Daily Beast): “Rido alle battute sulle persone trans di comici come Jimmy Kimmel, Michelle Wolf e il comico trans Ian Harvie. Trovano umorismo nella nostra esperienza senza implicare che siamo disgustose, subumane o indegne di amore. E sarebbe difficile trovare un gruppo di persone trans che non faccia qualche grossolana battuta anatomica ogni tanto, nella sicurezza della reciproca compagnia. Ma quello non è il tipo di battute che fa Chappelle.”
Banalizzazioni reazionarie. Negli Usa, chi è consapevole dei dispositivi sociali che creano e promuovono disuguaglianze è detto “woke”. I reazionari Usa, ovviamente, non perdono occasione per scagliarsi contro la “woke culture” invocando la libertà di espressione, come se ci fosse libertà di razzismo e di hate speech; e ne fanno un fascio con la “cancel culture”, perché parlare di “cancel culture” confonde l’uditorio mischiando le cose sbagliate (l’ostracismo contro chi è accusato senza prove, come Woody Allen; la richiesta di rimuovere dalle biblioteche libri del passato i cui contenuti razzisti oggi non sono accettabili; e il bullismo web contro chi, semplicemente, non la pensa come te) con quelle sacrosante (la denuncia e il boicottaggio del razzismo, dei razzisti e dell’hate speech; e la richiesta di rimuovere dai luoghi pubblici statue di personaggi storici o di scultori dal passato razzista, per metterle in un museo che le contestualizzi): mettendo le cose sbagliate sotto le etichette-ombrello “woke” e“cancel”, i reazionari puntano a rimuovere dal discorso pubblico quelle sacrosante, come la critica al razzismo e alle disuguaglianze, che guarda caso sono frutto delle politiche reazionarie. Anche il comico Ricky Gervais fa confusione: “Puoi essere il comico più woke e più politicamente corretto, ma non sai come sarà fra 10 anni. Puoi essere cancellato per cose che hai detto 10 anni fa.” Quindi se non condivido il razzismo devo stare zitto perché fra 10 anni la società potrebbe essere razzista? Ma oggi non sto zitto proprio perché non voglio che fra 10 anni la società diventi razzista. I reazionari che si lamentano di come la “cancel culture” tappi loro la bocca, ha osservato il comico Jon Stewart, in realtà non stanno zitti un momento (sostenuti fra l’altro da colossi mediatici come il Wall Street Journal, FoxNews e Netflix; e ospitati pure dal New York Times, e in Italia da Repubblica); e lesti hanno strumentalizzato lo show di Chappelle per portare avanti la propria agenda reazionaria. (16. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (giovedì 18 novembre)
La comunità LGBTQ+ e le associazioni per i diritti civili hanno protestato contro Dave Chappelle a causa delle pericolose gag transfobiche e omofobiche dei suoi show Netflix, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. Il discorso irresponsabile sta facendo proseliti anche da noi, complici le destre che se ne servono per la loro propaganda tossica.
Banalizzazioni reazionarie. I reazionari replicano alle proteste invocando il “politicamente scorretto”, la “libertà di espressione” e la “libertà di satira” come se ci fosse libertà di razzismo (la propaganda tossica di destra contro le minoranze strumentalizza lo spazio del discorso democratico che non è presidiato da leggi ma solo dalla riprovazione sociale del politicamente corretto, che a questo punto non basta più); definiscono “cancel culture”, etichetta denigratoria, le giuste critiche al discorso razzista delle gag transfobiche e omofobiche; accusano i bersagli del razzismo di “offendersi”, come se il problema fosse che l’altro è suscettibile, non che loro sono razzisti (dovrebbero spiegare, invece, perché quelle gag non sono razziste); e si difendono sostenendo che “non è l’uso della parola il problema, ma l’intenzione della parola”, come se esistessero parole neutre, prive di connotazione (la storia di certe parole le ha connotate di significati discriminatori: puoi usarle in modo neutro solo fra amici; se apostrofi chi non conosci con parole discriminatorie, stai facendo il razzista, anche se non ne hai l’intenzione). Se poi la polemica monta, la buttano in caciara invitando a farsi una risata (altra colpevolizzazione del bersaglio razzista, che dovrebbe ridere di essere denigrato). E così esaltano Chappelle, contro la woke culture, Peggy Noonan, già speechwriter di Ronald Reagan, sul Wall Street Journal (on.wsj.com/3ckpsvL); e Andrew Sullivan, celebre giornalista gay cattolico reazionario libertario, sul suo blog The Weekly Dish (bit.ly/3Fpw2xq): “Chi guarda lo show di Chappelle e pensa che sia omofobico o transfobico, o è stupendamente tonto o è un permaloso fanatico. Non è più transfobico di J.K Rowling, cioè per niente.”. Per niente lo dici tu (bit.ly/3mg7D6J). Sullivan è d’accordo con Chappelle e J.K. Rowling, dalla quale riprende l’argomento transfobico: “Una donna trans non può partorire come una donna. Non ovula. La sua vagina, se esiste, è un surrogato ottenuto con una serie di interventi chirurgici. Il sesso è binario con eccezioni che confermano la regola…La Giornata della Mamma sarà la prossima vittima della ghigliottina trans? E la cosa chiave è che niente di tutto questo serve a proteggere le persone trans dalle discriminazioni.” Nooo, certo: fare monologhi che discriminano le persone trans, le protegge dalle discriminazioni. Sullivan scrive: “Ridiamo, soprattutto, dell’assurdità della nostra realtà. E sì, questo è il secondo punto ricordato da Chappelle: c’è qualcosa chiamata realtà. Possiamo negarla o accettarla. Il ruolo chiave della comicità è che ci aiuta ad accettarla.” No, questo è quello che un reazionario vorrebbe che la comicità si limitasse a fare: confermare lo status quo. La società evolve, e con i costumi evolvono le leggi, nonostante i bacchettoni. E come Chappelle si atteggia a vittima della comunità LBGTQ+, anche Sullivan si atteggia a vittima di una fantomatica “elite dei media”, buttandola sulla suscettibilità: “L’elite dei media ritiene che ogni membro della comunità BLT sia così fragile che non sappiamo ridere di noi stessi.” Ma che sappiate ridere di voi stessi non autorizza altri a fare battute razziste. E buttarla sulla “vittima troppo suscettibile” cancella il razzismo del razzista. (17. Continua)
Non c’è di che di Daniele Luttazzi (venerdì 19 novembre)
La comunità LGBTQ+ e le associazioni per i diritti civili hanno protestato contro Dave Chappelle a causa delle pericolose gag transfobiche e omofobiche contenute nei suoi show Netflix, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. Il discorso irresponsabile sta facendo proseliti anche da noi, complici le destre che se ne servono per la loro propaganda tossica, e purtroppo l’influenza dei media è tale che si può essere razzisti anche in modo involontario, introiettando stereotipi razzisti che i media rendono ambiente, e ripetendoli. Chappelle se ne rende conto, infatti nei suoi monologhi l’excusatio non petita è frequente: “Dico molte cose cattive. Ma ricordatevi: non le dico per essere cattivo. Le dico perché è divertente. Tutto è divertente finché non capita a te.” Questo concetto, che banalizza il problema, fu espresso meglio da Mel Brooks 50 anni fa (“Tragedia è quando mi taglio un dito. Commedia è quando cadi in una fogna a cielo aperto e muori”), con l’enorme differenza che in Brooks la gag è su di lui, non su gruppi di persone, fatte bersaglio per etnia, genere, e orientamento sessuale, come fa Chappelle. I tempi cambiano: oggi, ad esempio, stona l’Hitler gay inventato da Mel Brooks per il film The Producers (1968): dovremmo ridere perché Hitler è gay? All’epoca si rideva anche per quel motivo. Chappelle è come rimasto a 50 anni fa.
Proteste. La novità è che, stavolta, più di mille dipendenti Netflix hanno protestato per i contenuti dello special di Chappelle. Un centinaio di loro hanno attuato un walkout dagli uffici di Los Angeles, cui si sono uniti in modo virtuale molti di quelli che lavorano da casa: invocano contenuti responsabili che abbiano come priorità la sicurezza e la dignità delle comunità marginalizzate e vulnerabili. Non chiedono che Netflix rimuova gli show di Chappelle, ma che vi aggiunga un avviso sui contenuti come quello utilizzato per la serie problematica 13 Reasons Why; e che non trasmetta più contenuti transfobici e hate speech. Molte celebrità, fra cui la co-regista di Matrix Lilly Wachowsky, l’attore Elliot Page e la comica Wanda Sykes hanno espresso la propria solidarietà al walkout. Terra Field, una donna trans che lavora a Netflix, ha dato il via alla protesta twittando: “Promuovere l’ideologia TERF (che è quello che abbiamo fatto dando a Chappelle una piattaforma) danneggia direttamente le persone trans, non è un atto neutrale. Questa non è una discussione con due opinioni possibili. È una discussione fra persone trans che vogliono restare vive, e persone che non vogliono che lo siamo”. E ha ricordato che quest’anno sono già 41 le persone trans e non-binarie uccise negli USA, in maggioranza Black e Brown (bit.ly/3GzI5tI). In passato, Netflix ha rimosso contenuti che avevano suscitato contestazioni: l’anno scorso tolse dalla piattaforma la serie “Little Britain” poiché i suoi sketch perculavano minoranze etniche (addirittura con scenette in blackface), persone disabili e travestiti (Qc # 9). Chi è contrario agli show di Chappelle, giudicandoli transfobici e omofobici, ha tutto il diritto di far sentire la sua voce. E’ democrazia. Facebook se ne è fregata delle polemiche sul razzismo e sull’hate speech favoriti dal suo algoritmo, finché l’opinione pubblica non ha convinto gli sponsor di Facebook a prendere posizione contro Facebook. Poi si sono mossi anche i Parlamenti.
Epilogo. Nel 2005, Chappelle confessò alla rivista Time che sentire un bianco ridere a un suo sketch sugli stereotipi razziali lo aveva messo a disagio: la sua risata sembrava approvare quegli stereotipi. Forse un giorno capirà anche che quel bianco era lui. (18. Fine)
EXTRA
Banalizzazioni reazionarie. Il primo impulso di Chappelle è ridere delle persone transgender e omosessuali, e lo abbiamo visto arrabattarsi per razionalizzare quell’impulso: le considera finte (“Se indosso un maglione a rombi e dico: ‘Ehi, gente, mi sento un bianco con questo maglione, e voglio un po’ di rispetto e un prestito bancario’, non funzionerà.”), false (““Poi si sono accese le luci e ho visto le nocche. Ho detto: ‘Oh, no!’ E tutti ridevano di me. Ho detto: ‘Perché non mi hai detto niente?'”), furbe (“Come cazzo stanno facendo i trans a battere i neri alle Olimpiadi della discriminazione?”), noiose (“Vuole sempre fare discussioni politiche gay.”), privilegiate (“Se la polizia uccidesse la metà dei , trans rispetto a quanti negri ha ucciso l’anno scorso, ci sarebbe una cazzo di guerra, a Los Angeles.”), ridicole (“Sono nati con la sensazione di essere qualcosa di diverso da come sono nati, e questo è piuttosto divertente.”), suscettibili (“Non ho mai visto nessuno, in una situazione così esilarante, non avere il senso dell’umorismo.”), sgradevoli (“Caitlyn Jenner stava pensando di posare nuda in un prossimo numero di Sports Illustrated…Lo dirò io per tutti gli altri: bleah.”), minacciose (“Sapete chi mi odia di più? La comunità transgender.”).
Banalizzazioni reazionarie. Un comico di successo che denigra una minoranza vittima di violenze colpisce dall’alto al basso; ma dopo aver difeso le uscite omofobiche e transfobiche di altri artisti di successo, Chappelle ha detto alla comunità LGBTQ+ che protestava: “Smettete di colpire dall’alto al basso la mia gente.” Questo è rigirare la frittata. E un reazionario come Andrew Sullivan, che anni fa dichiarò di condividere la tesi aberrante della diversità razziale dell’intelligenza, oggi definisce la comunità “2SLGBTQQIA+” una “mafia”. Difende Chappelle con sofismi: “Presumere che la gente emarginata non possa tollerare la comicità ai suoi danni è disumanizzante quanto ritenere che non abbiano possibilità di influire sulle proprie vite. E’ bigottismo. Di sinistra.” Ma ribellarsi aI razzismo non è bigottismo, né tantomeno disumanizzante. E’ come se Zuckerberg avesse replicato alle critiche di aver favorito il genocidio in Myanmar dicendo: “Smettetela di colpire dall’alto al basso Facebook! E’ disumanizzante ritenere che i Rohingya non abbiano la possibilità di influire sulle proprie vite.” Anche Caitlyn Jenner, celebrità trans bianca, supporter di Trump e candidata repubblicana alle elezioni governative in California, ha difeso Chappelle: “Ha ragione al 100%. Non si tratta del movimento LGBTQ. Si tratta di di una cultura woke impazzita, che cerca di far tacere la libertà di parola.” Questi argomenti (falsi e mistificatori, ma d’effetto, come quelli contro la “cancel culture” e il “politicamente corretto”, in nome della “libertà di espressione”) sono impiegati sempre di più anche dalla destra italiana (politica e giornalistica), che infatti esalta Chappelle. La GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation), un’organizzazione per i diritti LGBTQ+, ha dichiarato: “Il marchio Dave Chappelle è diventato sinonimo di ridicolizzazione delle persone trans e di altre comunità emarginate.”
Banalizzazioni reazionarie. Il comportamento irresponsabile di Chappelle (“Sto solo cazzeggiando”) è aggravato dall’ipocrisia dei due amministratori delegati di Netflix, Reed Hastings e Ted Sarandos. Hastings: “La strategia principale è quella di compiacere i nostri abbonati. Nella stand-up comedy i comici dicono un sacco di cose oltraggiose per fare effetto…Continueremo a lavorare con Dave Chappelle in futuro. Lo consideriamo come una voce unica…Non consideriamo Dave Chappelle dannoso.” Sarandos: “Siamo convinti che i contenuti sullo schermo non si traducano direttamente in danni reali. Gli adulti possono guardare la violenza, l’aggressione e l’abuso, o godersi della stand-up comedy scioccante, senza che questo li spinga a far del male agli altri.”. Che i media non influenzino i comportamenti nel mondo reale è una baggianata: lo confermano (se mai ce ne fosse bisogno) il problema razzista con Apu, un personaggio dei Simpson (shorturl.at/sCEIM, cfr. Ncdc 1 maggio); e l’allarme degli insegnanti per il comportamento violento dei bambini che hanno visto Squid Game: i bambini ci giocano, e puniscono come bulli chi perde (bit.ly/3ByRbmv, bit.ly/3Ey8LJs). Anche Mark Zuckerberg si difese affermando che i discorsi violenti sulla sua piattaforma non causavano la violenza nel mondo reale. Abbiamo visto quanto fosse falso. Sarandos stava adottando la stessa tattica, ma all’annuncio dello sciopero dei dipendenti Netflix ha cercato di correggere il tiro:“Certo…la narrazione provoca cambiamenti nel mondo, a volte estremamente positivi e a volte negativi.” Ma ha aggiunto: “Chappelle è uno dei cabarettisti più popolari di oggi, e con lui abbiamo un accordo di vecchia data. Il suo ultimo speciale Sticks & Stones, anch’esso controverso, è il nostro special di stand-up più visto, più duraturo e più premiato fino ad oggi.” Secondo Sarandos, che difende “la libertà artistica”, Netflix lavora “per garantire che le comunità emarginate non siano definite da una singola storia”. Lauen Michele Jackson, sul New Yorker, chiosa: “Perché allora Netflix vende personaggi, attori e storie queer insieme con gli special di un comico che irrita i queer? Perché per Netflix le storie “queer” e “black” sono due delle categorie commerciali della sua piattaforma. La sua strategia è corteggiare il pubblico sulla base di identità etniche e sessuali.” Le categorie Netflix sono 3500 (bit.ly/3BmNqAz), create in base ai dati sul comportamento della platea Netflix raccolti con metriche che, per non favorire la concorrenza, sono tenute segrete.
Le fallacie argomentative di Chappelle sono perfette per creare gag divertenti; se quelle gag sono razziste, però, le falsità, gli stereotipi e le banalizzazioni che veicolano vanno sottolineati e criticati, poiché la risata che procurano, dovuta al meccanismo comico, sdogana il razzismo. Più sei bravo come comico, e più amplia è la tua platea, più aumenta la tua responsabilità. In nome di una malintesa “libertà di espressione”, il discorso irresponsabile sta facendo proseliti anche da noi, complici le destre che se ne servono per la loro propaganda tossica. Un risultato sono le destre al Senato che esultano per la bocciatura del Ddl Zan: bit.ly/3mjnNfQ.
Banalizzazioni reazionarie. Ted Sarandos, uno dei due amministratori delegati del colosso streaming, in un primo momento aveva difeso Chappelle con una baggianata (“Siamo convinti che i contenuti sullo schermo non si traducano direttamente in danni reali.”). IndieWire replicò: “Sarandos dovrebbe informarsi su come stanno le cose. Magari guardando ‘Disclosure’, il documentario trasmesso da Netflix lo scorso anno: esamina come la vita delle persone trans è stata presentata al cinema e in tv…’Disclosure’ mostra che i media, perpetuando stereotipi, meme e cliché vecchi di decenni, rispecchiano e formano la nostra comprensione delle questioni trans; plasmano la narrativa sulle persone transgender; e influenzano tutto: appuntamenti galanti, violenza domestica, politica scolastica, legislazione nazionale. Dal momento che l’80% della popolazione non ha mai incontrato una persona transgender, tutto ciò che sa è dovuto alla rappresentazione dei media, che raramente includono la partecipazione di persone trans reali. L’affermazione di Sarandos che un contenuto non ha conseguenze nella vita reale è una banalizzazione. ‘The Closer’, lo show di Chappelle, contribuisce a una cultura che è già prevenuta contro un gruppo emarginato. Immaginate una delle aziende più potenti al mondo che trasmetta un contenuto che ridicolizza la tua stessa esistenza, affinché milioni di persone lo consumino. In che modo questo non sarebbe un danno del mondo reale? Netflix ha 209 milioni di abbonati in tutto il mondo. E’ un’influenza senza precedenti sulla cultura globale. Ci deve essere un senso di responsabilità aziendale. Se vogliono continuare a lasciar fare agli algoritmi, ok, ma devono assumersene la responsabilità. Se non credono che un contenuto non possa portare a conseguenze negative, allora dovrebbero anche credere che un contenuto non può innescare un cambiamento positivo. Niente più accordi con gli Obama. Niente più progetti con Ava DuVernay per cercare di migliorare la vita delle persone di colore. Niente più documentari sull’importanza di rappresentazioni trans accurate, dal momento che niente di tutto questo potrebbe fare del bene. Netflix può dire ai suoi dipendenti, ai suoi creatori, al mondo, tutto ciò che vuole. Ma dovrebbe smettere di mentire a se stessa.” L’affermazione di Sarandos (“Il contenuto sullo schermo non si traduce direttamente in un danno nel mondo reale”) era preoccupante, dato il legame diretto tra la transfobia culturale e la violenza nel mondo reale, e data la connessione tra il precedente speciale Netflix di Chappelle e il suicidio di Daphne Dorman. Per contro, le rappresentazioni positive nei media delle persone transgender influenzano positivamente le opinioni degli spettatori sulle persone transgender (bit.ly/3nHsLT4, bit.ly/3pQvFYg).
Proteste. Dopo il lancio dell’ultimo show di Chappelle, molti dipendenti di Netflix hanno accusato il colosso dello streaming di facilitare la diffusione dell’hate speech che porta alla violenza. Aja Romano, su Vox, si chiede: “La transfobia può diminuire quando un comico di spicco, con un pubblico potenziale di 180 milioni di abbonati Netflix, tratta l’identità trans come un’eccentrica fantasia inventata?” E commenta: “Chappelle deride le comunità queer e transgender e il movimento #MeToo…Paragona persino l’essere trans al blackface, un’allarmante riformulazione dell’idea insidiosa che le persone trans siano una caricatura del genere femminile…Quando parla della sua amicizia con la comica trans Daphne Dorman…è importante ricordare la realtà scomoda che Dorman sia stata criticata e molestata da altre persone trans, ma fermarsi su questo frame la trasforma in una martire per la causa della difesa di Chappelle, che usa il suicidio di Dorman e la narrativa del bullismo per difendere e giustificare la sua posizione reazionaria negli show…Attribuire la morte di Dorman al bullismo da “rimproveri woke” cancella la realtà che, in quanto donna trans, Dorman era estremamente vulnerabile al bullismo e alle molestie a causa della sua identità di genere, così come alle difficoltà per la sua salute mentale e al diventare vittima di crimini d’odio o altri atti di violenza. Gli studi mostrano una connessione diretta tra il tipo di percezione dell’identità di genere che Chappelle mette in scena e la violenza anti-trans: bit.ly/2ZzOtR3. Inoltre, nonostante la riluttanza di Chappelle ad ammettere la sovrapposizione tra interessi neri e trans, le donne trans nere sono il gruppo più soggetto, in ordine di grandezza, all’impatto dannoso della retorica come quella di Chappelle: bit.ly/3BtgZkb.” Spiega Jason Zinoman sul New York Times: “Uno dei principali sviluppi della comicità nell’ultimo decennio è stata l’ascesa di comici che si oppongono ai dogmi della cancel culture. Ho visto comici in difficoltà resuscitare le loro carriere svoltando a destra. Senza dubbio c’è un mercato per questo. Anche se ha perso alcuni fan, Chappelle adesso è un eroe per questo gruppo.”
Banalizzazioni reazionarie. Quando si chiede conto ai comici reazionari delle cose irresponsabili e pericolose che dicono, la loro replica è la banalizzazione immediata. Ne è un esempio Joe Rogan, il comico reazionario che conduce il podcast più ascoltato negli USA (The Joe Rogan Experience). Contestato dal principe Harry per le sue tirate anti-vacciniste, Rogan replicò: “E’ colpa mia se prendi consigli sul vaccino da me?” Che è come se Zuckerberg dicesse: “E’ colpa mia se prendete consigli sui Rohingya da Facebook?” (In realtà Zuck ha detto di peggio: “Non è vero che Facebook mette il profitto prima della sicurezza.” Che come battuta vale 10 monologhi di Joe Rogan.) Sempre Rogan: “Calma, sono solo battute. Non sono neanche le mie vere opinioni.” Pure stronzo. Solo battute? Quando Rogan sostiene nel suo podcast che il Covid può essere curato con l’Ivermectina, invece che con i vaccini approvati, diventa un complice della disinformazione e della pseudoscienza. Quindi sì, è colpa tua, come quando un certo programma Mediaset disinformò pericolosamente su Stamina (bit.ly/2ZHSoLi).
Banalizzazioni reazionarie. Dopo le polemiche, il comico reazionario Joe Rogan, con cui Chappelle si è esibito qualche settimana fa a New Orleans in uno show sold out (17 mila spettatori), lo ha difeso usando l’argomento banalizzatore che va per la maggiore fra i comici di destra, anche in Italia: “E’ solo divertimento. E’ solo fare battute. Dave Chappelle è una persona amabile, non è uno che odia. E’ solo uno che ama l’arte della stand-up comedy e cerca di fare del suo meglio per navigare in questo mondo dove si dicono cose oltraggiose che provocano grandi risate, o si placano gruppi molto sensibili che si sentono come se fossero in una classe protetta, e poi le altre persone che si aggiungono a quella, che pure si sentono in una classe protetta. Identificano qualsiasi battuta con l’odio, ed è qui che si sbagliano. Le sue battute sono solo questo: battute.”. Con questa apologia dell’irresponsabilità si può giustificare qualsiasi battuta razzista, e una battuta razzista non è mai “solo una battuta”. Inoltre, è disumano trattare le vittime come non fossero una “classe protetta”: è giusto che lo siano. Inoltre, incolpare la vittima di una sua presunta “insensibilità” giustifica il carnefice. Infine, le grandi risate, e gli incassi che garantiscono, non giustificano le battute razziste. In risposta a chi protestava perché le battute di Chappelle potrebbero indurre a comportamenti violenti contro le persone trans, il co-CEO di Netflix, Ted Sarandos, ha replicato: “Non ammettiamo su Netflix programmi progettati per incitare all’odio o alla violenza, e non crediamo che The Closer superi quella linea” e ha ricordato gli show Netflix favorevoli alla comunità LGBTQIA+ come quelli della comica lesbica Hannah Gadsby, la quale l’ha subito mandato affanculo: “Ehi Ted Sarandos! Solo una breve nota per farti sapere che preferirei non trascinassi il mio nome nel tuo casino. Adesso dovrò affrontare un altro po’ dell’odio e della rabbia che i fan di Dave Chappelle amano rovesciarmi addosso ogni volta che Dave prende 20 milioni di dollari per elaborare la sua visione del mondo emotivamente sottosviluppata. Non mi hai pagato abbastanza per avere a che fare con le conseguenze reali di quel richiamo per cani, l’hate speech, che ti rifiuti di riconoscere, Ted. F—-lo te e la tua setta amorale dell’algoritmo. Cago stronzi che hanno più spina dorsale di te. E’ solo una battuta! Non ho assolutamente oltrepassato una linea perché tu hai appena detto al mondo che non ce n’è una.” Sarandos ha ignorato, oltre alle critiche della comunità LGBTQIA+ e di varie associazioni per i diritti civili, la protesta di Terra Field, impiegata di Netflix, donna trans, che aveva twittato: “Lavoro a @netflix. Ieri abbiamo lanciato un nuovo show di Chappelle dove attacca la comunità trans e la validità dell’essere trans, cercando inoltre di metterci contro altri gruppi marginalizzati. Sentirete molto parlare di ‘offesa’. Non siamo offesi.” Anche in Rete sono in molti a banalizzare: “Se non vi piace Chappelle non guardatelo, no? E’ così semplice!” E se non ti piace Facebook non usarlo, no? E’ così semplice!
La lotta per l’egemonia culturale non è una passeggiata, richiede costanza, tenacia e volume: non mancano a nessuno dei due fronti. Il tema è quello dell’impunità dei razzisti. I reazionari hanno più soldi, più media e più potere; ma non hanno ragione.